Atteso da tantissimi fan in tutto il mondo, il finale di Sense8 è finalmente arrivato: un film di 151 minuti chiude la serie cult di Netflix. Noi abbiamo visto l’episodio conclusivo e ne vogliamo parlare insieme a voi in questa recensione assolutamente priva di spoiler
Alla gioia per l’inizio delle vacanze, i primi caldi, le giornate al mare, si contrappone la tristezza per la fine di un progetto che ha stravolto il modo di vedere e di percepire le cose di milioni di persone. Quel progetto si chiama Sense8 e questo mese di giugno verrà ricordato, anche, per la sua conclusione. Prima di parlare del finale, però, andiamo con ordine e introduciamo l’argomento ai (si spera pochi) profani.
Sense8 è una serie tv ideata dalle sorelle Wachowski, che ha visto la luce nel 2015 ed è la storia di otto sconosciuti (Chapeus, Sun, Nomi, Kala, Riley, Wolfgang, Lito e Will) , che vivono la loro vita in altrettante parti del mondo e non hanno nulla in comune: né la religione, né l’orientamento sessuale, né la cultura. Ebbene, tra di essi si sviluppa un legame empatico/telepatico molto profondo e dovranno fare i conti con le conseguenze del caso. Cominciano ad interagire tra loro e scoprono di essere dei sensate, persone con un alto livello di empatia. Incontrano Jonas, un uomo che vuole aiutarli, ma devono fare anche i conti con un’associazione che studia la mutazione genetica umana, la BPO, e che dà la caccia proprio ai sensate per lobotomizzarli, o, in alternativa, ucciderli.
Per uno sguardo più approfondito sulle prime due stagioni, vi rimandiamo all’articolo dedicato.
La seconda stagione si era chiusa col rapimento di Wolfgang e con l’hype dei fan a mille, ma a piombare come un macigno fu la notizia della cancellazione dello show, lo scorso anno. Probabilmente a gravare sulla motivazione è l’enorme costo che comportava la gestione di set sparsi in giro per il mondo. Infatti, il pregio, ma forse anche la grande rovina di Sense8, è proprio l’aver scelto di ambientare le riprese nelle otto città dei protagonisti. Un epilogo comunque immeritato, non doveva e non poteva finire così. Sono iniziate mobilitazioni enormi che hanno smosso l’intero Internet e non solo: petizioni, hashtag, eventi. Alla fine Netflix ha dovuto cedere e l’8 Giugno è uscito l’ultimo episodio, dalla durata speciale di due ore e mezza.
Senza rovinare l’esperienza a chi ancora non l’ha visto, diciamo solo che vedremo il nostro gruppo a Parigi, aiutato dalle loro persone care, intento ad organizzare il piano per salvare Wolfgang, che intanto si trova nei laboratori BPO e ci dà l’opportunità di capire da dove nasce il suo odio verso il padre. Qualcosa tuttavia andrà storto e li costringerà a spostarsi a Napoli per regolare definitivamente i conti con gli antagonisti. Molta azione, insomma, ma contornata anche dalla giusta dose di sentimenti e di approfondimenti psicologici, per quanto possibile. A proposito di sentimenti, la scena intima che coinvolgerà tutti e otto i ragazzi è realizzata da Dio: un crescendo musicale recitato da far accapponare la pelle.
È quindi il finale che volevamo? Probabilmente no, purtroppo il poco tempo a disposizione ha costretto gli autori a comprimere il tutto, trascurando o, comunque, riassumendo, delle sfaccettature , delle storie, delle relazioni che avrebbero trovato il loro compimento in un’altra stagione, o magari due. I ritmi della puntata sono dilatati, gli antagonisti hanno poca profondità, troppi sono gli spiegoni, a volte anche illogici, ma necessari.
Tuttavia…è un bel finale? Decisamente sì, i filoni narrativi si chiudono, i misteri si dissolvono, perde chi doveva perdere e i nostri sensate trovano la felicità, così come noi fan. Sense8 è un capolavoro, perché ha portato in scena situazioni e valori di tutti i giorni, per la fotografia cristallina, per la regia dinamica, i cambi di scena pazzeschi, la sceneggiatura intensa, la colonna sonora da brividi, ma anche e soprattutto per la capacità che ha nel farti sentire a casa: quante volte abbiamo pianto, riso, sofferto, urlato, trattenuto il respiro, VISSUTO in simbiosi con i personaggi. È la conseguenza naturale per un’opera che fa dell’amore il suo punto cardine. L’amore che non conosce sesso, l’amore puro, l’amore che supera le difficoltà. Il tema dei diritti LGBT è onnipresente: molti personaggi hanno vissuto esperienze che fanno pensare alla loro potenziale bisessualità, Nomi è trans e vive con la sua fidanzata ma viene rifiutata dalla famiglia, Lito è gay e quando fa outing perde il lavoro. Tuttavia avranno il loro riscatto (e la nostra speranza è che ciò avvenga anche nel mondo reale), perché viviamo per amare e solo amando viviamo davvero.
Giovannni Putaro