Simone Pace – Tecnologia con un Cuore

Durante la prima edizione di UmbriaCon abbiamo fatto una bellissima chiacchierata con Simone Pace, autore di Cuore per Edizioni BD. Ora, in occasione dell’uscita del volume completo, vi raccontiamo la nostra intervista, tra tecnologia positiva, ispirazioni e tante bellissime idee

copertina intervista pace


Ciao Simone, innanzitutto grazie per questa possibilità. Parliamo del ultimo lavoro, Cuore: è attualmente parzialmente disponibile online, mentre l’edizione cartacea
sarà presentata in anteprima nell’edizione primaverile di Romics (Roma, dal 4 al 7 aprile 2024) e successivamente arriverà in libreria, fumetteria e store online dal 17 aprile. La storia, interessantissima, vede un cambio di prospettiva: se di solito sono gli umani a essere perseguitati dalle macchine, stavolta sono le macchine a essere perseguitate dagli umani. Da dove è partita quest’idea?

L’idea di base è nata da una domanda che mi sono fatto: “Se questa evoluzione – che è sulla bocca di tutti ormai – dell’intelligenza artificiale e delle tecnologie arrivasse a un livello di coscienza molto avanzato, siamo proprio sicuri che sarebbe qualcosa di negativo e di nocivo per noi?” Parliamo della razionalità e della coscienza di tecnologie che sono comunque create da noi tendenzialmente per il nostro bene; e ho pensato che probabilmente potrebbe non essere così. Mi spiego meglio: se si da una grande capacità decisionale e di pensiero a una tecnologia o a un algoritmo, non è più logico che eviti gli errori che noi facciamo a causa dei nostri limiti? O comunque non è un’ipotesi, questa? E quindi da quest’idea qui ho tirato su questo mondo, in cui in un certo senso si ribalta la questione, e il punto di vista è quello dell’androide. Puntavo a umanizzare moltissimo gli androidi e, di contro, imbestialire il più possibile gli esseri umani, in un certo senso. Diciamo che questa è stata la scommessa.

E ci sei riuscito molto bene, soprattutto nel modo in cui presenti questi androidi che vengono letteralmente fatti a brandelli. È un qualcosa di molto toccante, così come è molto forte la scelta di metterli addirittura in croce, in alcune scene.

Lì in effetti c’è proprio un’iconografia, se vogliamo pseudo-religiosa, che però viene colta soltanto dagli androidi. Di questo aspetto un po’ sacrilego gli umani non sono per niente coscienti, perché li considerano praticamente degli oggetti e quindi li uccidono nel modo più brutale possibile; e paradossalmente, vengono elevati, in questo modo. È molto simile alla Bibbia, anche se non si tratta di un rimando voluto: il rapporto con la religione era più che altro per elevare la figura dell’androide; mi interessava che emergessero per la loro umanità, anche se è un’umanità molto intima. Sono molto sensibili, ma poco espressivi allo stesso tempo. Questo volevo fosse il gioco, non so se ci sono riuscito, però ecco, mi interessava questo approccio.

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Ci sono delle cose da cui ti sei fatto ispirare? Degli altri lavori, che siano fumetti, film o altro, in cui ti sei ritrovato mentre stavi progettando quest’idea, e che ti hanno fornito uno spunto?

Guarda, io sono un lettore di fantascienza medio, perché rispetto ai grandi lettori che hanno letto tutto non sono allo stesso livello. Adoro il mondo di Asimov e la fantascienza più classica. Mi piacciono anche Dick e la fantascienza po’ più… decadente, ecco. Però forse rispetto agli androidi, c’entra di più il mio legame con il Giappone. Sono un grande lettore di manga e una cosa è sicuramente mi ha ispirato è Pluto di Urasawa, cioè la reinterpretazione di Tezuka fatta da Urasawa. A livello di ambientazioni mi interessano moltissimo la fantascienza di Nihei e quella di Otomo, ovviamente. In un certo senso ho provato a lanciare una piccola sfida a quel tipo di cyberpunk – perché poi quello è il genere – per raccontare un futuro decadente. Ma è più giapponese che occidentale, sicuramente. Fermo restando che mi è molto difficile trovare un rimando preciso, come era stato anche per Fiaba di Cenere, sicuramente chi lo legge ne trova.

Te lo chiedo perché ci sono autori per cui è un input specifico che fa nascere un’opera, mentre per altri il progetto viene plasmato nel tempo.

Considera che io sognavo di fare storie sugli androidi già alle medie. È una cosa che ho sempre disegnato, ho scritto mille versioni, ma alla fine questa è la prima volta che la faccio veramente. Per cui ecco, sì, è una cosa sicuramente che mi accompagna da tempo.

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Che mi dici invece sulla scelta dei colori? Non li definirei fluo, ma sono comunque diversi da quelli che ti aspetteresti di vedere. C’è giusto qualche momento in cui vediamo degli scorci del passato con colori “reali”, poi tutto il resto ha il violetto, il blu, colori che danno la sensazione di qualcosa di freddo, di non-umano.

Allora, questo è interessante. In Fiaba di Cenere, che è stata la mia prima opera importante, ho utilizzato una palette molto accesa basata sul rosso brillante. Parlando di fuoco, era il colore determinante in ogni capitolo, e poi c’erano i vari colori complementari che si declinavano e si appoggiavano a quello che c’era intorno. In questo caso, all’inizio avevo un po’ di paura perché sembrava che il mio tipo di colorazione non andasse troppo in armonia con il genere. Allora ho provato semplicemente a declinare con accenti più freddi – comunque sia, il rosso di Cuore è un magenta, il blu è un ciano; quindi, molto accesi e molto freddi – e devo dire che mi piaceva il risultato. Nel tempo, cercando ambientazioni varie – mi sono rifatto tantissimo all’architettura brutalista – ho trovato Pyongyang. In generale, le città della Corea del Nord sono piene di brutalisti, quasi asettici, tutti dipinti di colori ciano e magenta, proprio la palette che usavo io. Si raccordava alla distopia e quindi ho proseguito su quella strada.
Quanto agli scorci di passato, Cuore nasce dalla voglia di raccontare un mondo arcadico; è il mio immaginario ideale, i miei territori, qualcosa di molto vicino a me. La paura della perdita di tutto quello ha scatenato l’idea iniziale. Ho pensato a un mondo corrotto in tutto e per tutto da un avanzamento tecnologico smodato, e da lì sono passato a un’ambientazione quasi del tutto urbana, relegando l’atmosfera ideale a diversi piccoli momenti, e a un capitolo che racconta cosa è successo prima.

Prima hai parlato di Asimov, che io ho rivisto nelle battute iniziali, in cui i “fratelli” – gli androidi – parlano tra loro e si capisce che il loro obiettivo è sempre stato mettere se stessi al servizio dell’uomo…

Esattamente. Asimov alla fine ha semplicemente teorizzato qualcosa che è molto naturale, secondo me. Se ci pensi, costruiamo la tecnologia perché serva agli esseri umani. Se questo non succede, è perché c’è qualche degenerazione o interesse deviato. Però di base è quello, no? Io volevo che fosse un senso del servizio totale, mai messo in discussione. Asimov gioca con le tre leggi e il tradirle; invece qui non succede, perché gli androidi sono coscienti di essere strumenti per il benessere degli uomini. Non si considerano esseri umani, ma ne sono attratti.

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A quanto capisco, questo è anche parte del loro credo.

Esatto: l’androide donna, Nuvia, è praticamente la capostipite ed è quella che tiene la barra dritta su questa cosa. Un’altra cosa che mi interessava, sia tra loro che nel rapporto tra loro e gli uomini che sono schierati dalla loro parte, è proprio la forte componente religiosa. C’è un vero e proprio credo, che considera il Cuore come una specie di dio. Volevo che questo fosse il contrasto forte con il nostro pensiero rispetto alla tecnologia. La nostra tecnologia ci allontana dal divino, è qualcosa di molto più pragmatico: è forse è la cosa che ci ha svezzato dal concetto di divinità. Invece qui è il contrario, perché la scienza è arrivata a un livello tale che non l’abbiamo più nelle nostre mani: è diventata qualcosa di inarrivabile e, di conseguenza, divino.

Si da sempre per scontato che la tecnologia sia qualcosa da temere, che possa solo degenerare, mai generare.

Sì, che è la reazione che hanno gli uomini nella storia: appena possono, colpevolizzano la tecnologia. Colpevolizziamo cose che sono più complesse di noi, negli ultimi tempi: succede in tanti campi, c’è un vero e proprio imbarbarimento, in questo senso.

Per il futuro hai già qualche nuova idea o dei progetti a cui stai lavorando?

Completato Cuore, pensavo di riposizionarmi sul fantasy, cercare o un prequel di Fiaba di Cenere, o qualcosa che sia ambientato nello stesso universo. Però più ci penso, più mi rendo conto che mi andrebbe di lavorare su qualcosa di ambientato al giorno d’oggi. Uno egli obiettivi di Cuore era proprio avvicinarmi piano piano a qualcosa di più prossimo a noi, perché mi risulta difficile raccontare l’oggi anche a livello di costumi. Vediamo. I prequel e gli spin-off sono già scritti, quindi ci sono e prima o poi li farò. Vediamo se do priorità a questo o a quello.

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Se per un giorno potessi vivere nel corpo di un altro artista e disegnare come lei/lui, chi ti piacerebbe essere?

Tostissima, questa domanda. Forse ti direi John Romita Jr., perché ha coniato uno stile personale, per niente facile, eppure è riuscito a penetrare in un ambiente molto mainstream. È un po’ l’obiettivo che ho io: vorrei lavorare anche per i mercati mainstream esteri, ma chiaramente parto da uno stile che è ostico. Lo sto ammorbidendo, ma partiamo da un pregiudizio per cui ci sono dei canoni estetici che vanno bene per dei mercati e alcuni che non vanno bene. Questa barriera c’è, e chiaramente si lavora per superarla; è una cosa molto nostra, molto occidentale. I giapponesi hanno già un ventaglio di possibilità stilistiche molto più ampie, e la storia arriva in ogni caso.

Ci hai regalato una cosa molto bella. Io ho iniziato a leggere senza sapere cosa aspettarmi e mi ha molto colpito; sono arrivata alla fine della parte disponibile online e mi sono chiesta “E adesso?”

Grazie, davvero. Sono contentissimo anche perché una delle sfide narrative di Cuore era creare un’architettura narrativa complessa; la mia grande paura era che nel crearla risultasse pesante. Se mi dici che i primi capitoli sono avvincenti, da adesso in poi è ancora meglio.

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Grazie mille per il tuo tempo e per aver risposto alle nostre domande. A presto!


Ho letto Cuore da persona poco esperta di cyberpunk e fantascienza genere e con un forte limite iniziale: i colori freddi, le atmosfere urbane e tecnologiche, lo stile di disegno tagliente e a tratti brutale di solito non sono nelle mie corde. Ma è stato un viaggio appassionante, una delle scoperte più belle fatte di recente, piena di un’umanità che non avrei visto se non fossi andata oltre la superficie. Un messaggio nel messaggio, che mi ha saputa colpire con estrema forza in un punto che non sapevo potesse fare così male. Lo consiglio, e spero possiate volergli bene come ho fatto io.

 

Cuore Cvr

Cuore
di Simone Pace
Volume Unico
Formato – 17×24 – Cartonato
Pagine – 280, Colore
Prezzo – 26,00 €
In anteprima a Romics (4/7 aprile, Roma), in fumetteria, libreria e store online dal 17 aprile 2024


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Claire Bender

Vive con un dodo immaginario e un Jack Russell reale, che di recente si è scoperto essere Sith. Grifondoro suo malgrado, non è mai guarita dagli anni '80. Accumula libri che non riesce a leggere, compra ancora i dvd e non guarda horror perché c'ha paura. MacGyver e Nonna Papera sono i suoi maestri di vita.

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