Il 15 luglio 2016, Netflix ha lanciato nel mondo la prima stagione di Stranger Things, serie americana in 8 puntate da cinquanta minuti circa, nata dal genio dei fratelli Matt e Ross Duffer, classe 1984, intrisi di cultura anni ’80 e nerdismo almeno quanto lo siamo noi. Sarà stata per questa connessione anagrafica o perché d’estate il tempo si dilata e la dimensione dell’immaginifico trova terreno fertile per prendere spazio nel quotidiano, ma Stranger Things è diventato, nel giro di qualche giro di lancetta, un vero e proprio prodotto cult, assimilabile a blockbuster come Ritorno al futuro, I Goonies, Stand by me o ET, solo per citarne alcuni oppure, se preferite, un contenitore degli stessi, viste le innumerevoli citazioni audiovisive che contiene. Come forse saprete, la piattaforma Netflix non è predisposta per rilevare lo share di un prodotto ma, oltre alle ottime recensioni della critica (la serie ha ottenuto il 95% di indice di gradimento su Rotten Tomatoes), Stranger Things ha saputo diventare estremamente popolare tra gli utenti della rete, cultori o meno del nerdismo, divenendo in breve: un videogame, oggetto del desiderio di cosplayer provenienti da ogni dove, uno dei prodotti più imitati, citati e parodiati degli ultimi anni. Basti pensare – guardando solo all’Italia – al video con protagonista il Maestro Beppe Vessicchio o ai Baustelle che, per la cover di “Eyes without a face” di Billy Idol , hanno inserito nell’arrangiamento le inconfondibili note di Michael Stein e Kyle Dixon che, ispirandosi ad un lungo elenco di elettronica horror/pop anni ’80, aprono e chiudono ogni episodio della serie.
Subito dopo il rilascio ufficiale, hanno iniziato a rincorrersi le voci su una possibile seconda stagione e sulla struttura che l’intera serie avrebbe dovuto rispettare. I Duffer brothers, a differenza di altri autori, sin dal principio hanno dichiarato di voler andare avanti, non avendo mai pensato ad una serie antologica (come “Fargo” o “True Detective”) ma, allo stesso modo, di voler mantenere intatta l’idea di vedere Stranger Things come un lungo film frammentato in non più di 10 puntate a stagione. Così, a fine agosto dello scorso anno, viene annunciata definitivamente la second season, con un episodio in più rispetto alla prima e con una data di rilascio indefinita tra la fine del 2017 e l’inizio del 2018.
DOVE ERAVAMO RIMASTI?
Will Byers, un ragazzino dodicenne di Hawkins, Indiana, sparisce misteriosamente il 6 novembre 1983 mentre strani fenomeni legati all’elettricità iniziano a diffondersi nella tranquilla cittadina e, nel caos generato da questi cambiamenti energetici, da un laboratorio segreto di ricerca riesce a fuggire – dalle grinfie di uno scienziato pazzo e degli agenti segreti – una strana ragazzina che, dopo varie vicissitudini, incontrerà Mike, Lucas e Dustin, i tre migliori amici dello scomparso Will e membri di un esclusivo club nerd, portato avanti a suon di blockbuster, codici segreti e partite a D&D. Il loro incontro con la ragazzina, che dirà di chiamarsi Undici (come il numero tatuato sul suo braccio) e si rivelerà dotata di enormi poteri telecinetici, così come gli incontri tra Joyce (madre di Will) e l’agente Hopper e tra Jonhatan (fratello di Will) e Nancy (sorella di Mike) saranno provvidenziali per individuare e salvare Will, prima che l’energia mostruosa – definita dai ragazzini Demogorgone – che lo tiene prigioniero nel Sottosopra (un mondo mostruoso ma parallelo in tutto e per tutto a quello reale) prenda il sopravvento su Hawkins e, presumibilmente, sul mondo tutto.
Il 27 ottobre 2017, Netflix ha rilasciato – in anticipo sulla tabella di marcia – i nove episodi che compongono la seconda stagione di Stranger Things. Il primo, “MadMax”, preceduto da un video-riassunto delle puntate precedenti, ci riporta subito nel vivo della storia, ad un anno dai fatti che hanno per sempre cambiato la vita e i rapporti sociali dei protagonisti. Siamo nel 1984, e ritroviamo tutti, seppure con qualche differenza dettata dal passare del tempo. Nuovi equilibri, nuovi personaggi e archi narrativi ci vengono svelati già dalle prime scene, in un patto di reciproca onestà tra i Duffer brothers e il pubblico, per cui (quasi) nulla è taciuto e le domande rimaste sospese alla fine dello scorso anno trovano risposta già nei primi 50 minuti di visione, generandone altre, e riportandoci in quella dimensione sospesa di inquietudine e attesa, che ben avevamo conosciuto. Will – soprannominato “zombie boy” da qualche bullo – ora è con i suoi amici e, malgrado alcune sinistre visioni, la vita sembra aver ricominciato a scorrere al giusto ritmo. Eppure, con Halloween alle porte ed uno strano fenomeno che fa decomporre interi campi di zucche, una nuova minaccia più grande e grave della precedente, sembra prendere forma dal Sottosopra per investire Hawkins e suoi abitanti.
Il cast continua a brillare di luce propria, tra graditi ritorni e nuovi indotti, incarnando alla perfezione l’epoca d’ambientazione della storia al punto che, Finn Wolfhard (Mike), è stato scelto anche per “IT”, film che a Stranger Things deve molto, riuscendo però meno bene a centrare il bersaglio dell’evocazione degli anni ’80, con rischiose cadute nel campo del vintage e della scimmiottatura cosa che, guardando questa serie tv, non si avverte mai. Comunque, per una vera e propria recensione della seconda stagione, ci rivediamo a fine visione perché: «Something’s coming. Something hungry for blood. A shadow grows on the wall behind you, swallowing you in darkness. It is almost here». E noi saremo pronti a combatterla, insieme ai nostri “perdenti”, “nerd”, strambi e fantastici piccoli eroi. Perché, rannicchiati – magari sullo stesso divano su cui abbiamo assistito alla disfatta di IT o all’approdo della navicella di “Incontri ravvicinati del terzo tipo” – nel mondo magico di Stranger Things, a giocare a Dragon’s Lair con addosso una tuta da Ghostbuster, vorremmo esserci anche noi.
Madamedetourvel