Debutta Sympathy for the Devil, la nuova rubrica curata da Giacomo Asaro, direttamente dal blog Le Notti del Diavolo. Qui parleremo degli eroi “urban” dell’universo Marvel e delle loro incursioni nei fumetti, al cinema o in televisione. Non potevano che partire da lui, Frank Castle, recentemente tornato alla ribalta grazie alla serie tv targata Netflix The Punisher
La prima volta che Frank Castle apparì in un fumetto era il lontano febbraio 1974, all’interno di The Amazing Spider-Man #129, vol.1 (in Italia due anni dopo su L’Uomo Ragno n. 149, Ed. Corno) e credo che nessuno potesse immaginarsi un successo del genere, forse solo Gerry Conway, il creatore del personaggio e scrittore delle prime storie. Conway s’ispirò al giustiziere Mack Bolan, protagonista della serie The Executioner. The Punisher, nonostante sia nato più di quarant’anni fa, resta un personaggio decisamente attuale, un soggetto davvero scomodo e ‘troppo’ reale. La nostra società piena di assassini, bombe, abusi di potere, killer, droga, terrorismo e politici corrotti, spesso invoca la figura di un “punitore”, un tizio che, dopo aver perso la moglie e due figli, uccisi da gang mafiose (insieme a qualche militare corrotto, nella serie tv), vuole farsi vendetta da sé. Non si può condividere il suo punto di vista, in fin dei conti noi non siamo nessuno per decidere chi deve vivere o morire, non possiamo farci giustizia da soli. Esistono le leggi, i tribunali e le prigioni… ma Frank non crede più a nulla. Lui è morto con tutta la sua famiglia, non ha più un’identità, adesso è soltanto “un portatore di morte” alla ricerca di criminali da punire. Nonostante nella sue prime apparizioni (fumetti e serie tv) venga disegnato quasi come un villain, lui fa parte dei “buoni”… o comunque possiamo dire che non li uccide, i “buoni”. Potremmo considerarlo un giustiziere, un antieroe. Un Punitore.
Dopo tre film sottotono e un cortometraggio (Dirty Laundry) assolutamente da recuperare, la Marvel lo introduce nell’Universo “urban” di Netflix all’interno della seconda stagione di Daredevil. Frank Castle riesce in poche puntate a mettere in secondo piano il protagonista della serie e la seconda stagione del Diavolo diventa un vero e proprio team-up tra Murdock e Castle (ma non dimentichiamoci di Elektra…). Grazie a un successo incredibile, Marvel e Netflix gli regalano una serie TV in solitaria, e sono qui proprio per parlarvene…
The Punisher – La serie TV targata Marvel/Netflix
La serie è composta da tredici episodi come ogni serie Marvel/Netflix, (tranne per The Defenders dove sono solo otto). Credo che i fan siano rimasti molto contenti di come sia stato trasposto Castle. Non era semplice, anche perché tutti si aspettavano di rivedere soltanto il Frank della seconda stagione di Daredevil, ma questo era davvero impossibile. Il protagonista della serie sarebbe dovuto essere un poliziotto, oppure un agente dell’FBI o persino una giornalista… ma a noi serviva lui, il Punitore.
Sono passati parecchi mesi dall’ultima volta che abbiamo visto Frank Castle. La serie comincia con un protagonista che ha messo il fucile al chiodo, si è stancato, ha terminato “la prima missione” e non vuole saperne più niente, addirittura si trova un altro nome e un altro lavoro. Se nella seconda stagione di Daredevil era un’antagonista, quasi un villain e vedevamo soltanto il suo lato “furioso”, selvaggio, animalesco, qui invece è il perno della storia. Viviamo la sua vita, anche i momenti intimi o quando mangia, quando respira, quando perde fiducia. Non è certo un robot che spara sempre. Punisher non è soltanto un tizio che fa esplodere cose e uccide cattivi, è anche molto altro e il fan-lettore questo lo sa. Punisher fa bruciare l’anima, distrugge dentro, il suo conflitto è la perdita. Il suo codice morale è come una pistola puntata sulla sua nuca, “o muoiono loro o muori tu”. Dal mio punto di vista è una serie tv ad altissimi livelli, molti mi chiedevano paragoni o voti rispetto alla già citata Daredevil, beh, per me la prima stagione dell’Uomo senza Paura resta superiore, ma non ha senso fare questi paragoni e confronti, sono generi diversi, personaggi diversi e “micro-mondi” differenti. È una serie che fa paura, forte, complessa, solida, fa riflettere e sa emozionare. Ho apprezzato tantissimo il cast, i dialoghi, la caratterizzazione dei personaggi, sono tutti ben definiti e interpretati benissimo. Una colonna sonora da brividi, tanta chitarra, White Buffalo e Marilyn Manson sono azzeccatissimi per una storia del genere.
Non ci sono molti riferimenti espliciti al MCU o alle altre serie TV, forse è il serial, di tutti quelli nati dalla collaborazione Marvel/Netflix, con meno easter eggs (manca pure Claire) ma potrete notare le tante volte in cui viene ripetuto “Bentornato Frank“, che è anche il ciclo di 12 numeri scritti da Garth Ennis che nel 2000 segnarono una vera e propria rinascita del personaggio da un limbo in cui era sprofondato dopo che il successo editoriale era diminuito negli anni ’90. Nella prima puntata ci sono gli Gnucci, una famiglia mafiosa con cui Frank se incrociato il suo cammino proprio in quella storia serie a fumetti. Abbiamo “ospiti” quattro personaggi direttamente da Daredevil: Karen abbastanza centrale in due fasi della serie, Turk ed Ellison un pò meno. Mahoney protagonista di una puntata sul finale. C’è anche il consueto cameo di Stan Lee, ma non possiamo dimenticare la “creazione finale” di un gran bel villain, di cui eviterò di dire il nome per non rovinarvi la sorpresa. È un’ottima serie spionistica con molti colpi di scena. C’è tanta azione. Un vortice di emozioni che sale sempre di più nella spirale per la verità.
Guardatela, Frank se lo merita.
Per iniziare a leggere il fumetto, consigliamo The Punisher: Bentornato Frank, un bel volume edito dalla Panini Comics in cui è raccolto lo straordinario ciclo di Garth Ennis e Steve Dillon.
Abbiamo parlato di:
Giacomo Asaro
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