Ormai divenuto fenomeno globale, scopriamo insieme da dove nasce l’idea per la creazione di Squid Game, la serie TV del momento
Squid Game è una serie TV sudcoreana scritta e diretta da Hwang Dong-hyuk e prodotta da Netflix, la piattaforma online che ormai conta più di 1 milione e mezzo di abbonamenti per un totale di circa 200 milioni di account. La serie è stata rilasciata sulla piattaforma il 17 settembre di quest’anno e sono bastate poche settimane perché diventasse un fenomeno globale.
La trama è molto semplice: 456 persone devono affrontarsi in 6 giochi legati all’infanzia. Alcuni famosi solo in Corea del Sud, come lo squid game, il gioco da cui prende titolo la serie, e altri popolari in tutto il mondo come Un,due,tre… stella!: chi supererà ogni prova avrà diritto al montepremi finale di 45,6 miliardi di Won (circa 3 milioni di Euro). Coloro che non superano le prove, vengono uccisi.
La serie è a tutti gli effetti un thriller dai tratti distopici, che ricorda molto titoli come Hunger Games o Battle Royale, qui però la storia trasuda dramma e realtà fin dai primi minuti. Racconta storie di uomini che non hanno più nulla. Uomini la cui vita è devastata. La partecipazione al gioco non è un obbligo, ma una possibilità di riscatto a cui le persone possono rinunciare.
Hwang Dong-hyuk ha rivelato che ci sono voluti ben 10 anni prima che trovasse qualcuno che volesse produrre la storia, poiché era ritenuta troppo violenta, eccessiva, grottesca e non plausibile. Quando nel 2019 Netflix decise di produrre la serie, i produttori stessi non si sarebbero mai aspettati un successo di così larga portata, tanto che non hanno ritenuto necessaria la traduzione in più lingue.
Ma da dove nasce l’idea di Squid Game?
Hwang racconta che l’idea gli venne quando, mentre viveva con la madre e la nonna, dovette vendere per 500 won il suo computer poiché non avevano soldi per andare avanti. Passava il suo tempo bevendo caffè e leggendo manga e libri giapponesi, che hanno influenzato la sua scrittura. Pensata all’inizio come un film, si difende dalle critiche per la somiglianza con la serie Hunger Games ricordando che la sua idea è datata 2008, mentre la serie sopracitata nel 2012. Altresì ammette che opere come Battle royale e Liar Game sono state per lui fonte di ispirazione, ma dato che riteneva che le regole fossero troppo difficili, ha subito pensato di basare i suoi giochi su quelli dell’infanzia.
Durante un intervista ha rivelato:
«Volevo scrivere una storia che fosse un’allegoria o una favola sulla moderna società capitalista, qualcosa che descrivesse una competizione estrema, un po’ come la competizione estrema della vita. Ma volevo che utilizzasse il tipo di personaggi che tutti abbiamo incontrato nella vita reale»
e ancora:
«Come gioco di sopravvivenza è intrattenimento e dramma umano. I giochi raffigurati sono estremamente semplici e di facile comprensione. Ciò consente agli spettatori di concentrarsi sui personaggi, piuttosto che essere distratti dal tentativo di interpretare le regole.»
Ci sono voluti più di sei mesi per confezionare i primi due episodi. Hwang rivela che ha chiesto pareri a parenti e amici per riuscire a rendere la storia più semplice e piacevole possibile. È riuscito a creare un prodotto tipicamente coreano, basato sull’empatia che non si può non provare per il personaggio principale. I retroscena raccontano le sorti di un uomo divorziato, senza soldi, che usa i fondi della madre per giocare d’azzardo. Tutte premesse per condannare un uomo che proprio nei giochi troverà la redenzione.
Abbiamo per le mani un prodotto nuovo nell’era pregna di serie TV. In sé ha tutto ciò che serve: adrenalina, sangue, violenza, colpi di scena, plot twist, buoni e cattivi, amori infelici. La trama è semplice, ma assolutamente efficace. Un prodotto versatile che si può adattare a diversi gusti, una ventata di novità nel già ricco catalogo Netflix e nella scena sudcoreana ormai satura di serie TV drammatiche e romantiche.
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