In questo nuovo episodio di Passione Arcade torneremo indietro fino agli anni 70 e vi racconteremo la storia di un videogioco di guida il cui scopo era quello di… investire delle persone! Signore e signori, inserite il gettone e preparatevi per la Death Race!
Si è da poco concluso il Nerd Show di Bologna, questo grande evento che ha come temi i fumetti e i videogiochi e che ogni anno viene organizzato al centro fiere del capoluogo emiliano.
Questa è stata la quarta edizione a cui ho partecipato con la squadra di Arcade Story ed è proprio con loro che debuttai pubblicamente durante l’edizione del febbraio 2020.
A quella edizione il patron di Arcade Story, Antonio Nati, portò un videogioco estremamente raro del 1976 di cui io raccontai la storia a tutti i visitatori che ebbero voglia di fermarsi ad ascoltarla.
Ritornare a questa edizione ha fatto riaffiorare i ricordi di quella che fu la mia prima fiera del settore (dopo il Nerd Show scoppiò la pandemia covid-19) e inevitabilmente ha portato alla mente la storia di quel videogioco che vale la pena raccontare tra le righe di questa rubrica.
Già, perché quel videogioco del 1976 è Death Race di Exidy e si dà il caso sia il primo videogioco violento della storia.
Ma andiamo con ordine: spesso può capitare di vedere servizi al telegiornale o di leggere articoli sui quotidiani che puntino il dito contro i videogiochi, utilizzandoli come capo espiatorio per eventi violenti avvenuti nella società, arrivando addirittura a identificare in loro il motivo degli episodi di violenza negli adolescenti.
Alcuni di voi probabilmente ricorderanno la storia dei primi anni 90 che vide protagonista un certo videogioco di nome Mortal Kombat, ma soprattutto si ricorderanno come questo venne messo alla gogna per via del contenuto ritenuto violento arrivando addirittura ad essere oggetto di discussione del congresso.
Dovete sapere che però il caso di Mortal Kombat, non fu il primo.
Facciamo qualche passo indietro fino alla metà degli anni 70, dove nella silicon valley il business dei videogiochi arcade inizia a movimentare un discreto volume di affari e le società che si lanciavano in questo nuovo business nascevano come funghi.
Tra quelle società c’è ne una in particolare chiamata Exidy, che nel 1973, come molte, cercava di guadagnarsi la propria fetta di mercato nel neonato settore dei videogames.
Inizialmente produsse cloni di Pong, ma fu nel 1975 che le cose cambiarono. In quell’anno, infatti, realizzò un videogioco di guida molto diverso da quelli che erano presenti all’epoca, il cui scopo era quello di distruggere tutte le altre auto presenti sullo schermo, Destruction Derby.
Il cabinato non era particolarmente grande e lo schermo era posizionato in maniera quasi del tutto orizzontale, inoltre era possibile giocare in due contemporaneamente.
Visto il numero crescente degli ordini per questo titolo, la Exidy che non riusciva a far fronte alle richieste, si appoggiò ad un’altra società, dando in licenza il gioco.
Il risultato finale di questa manovra fu che nonostante le buone vendite del gioco, il fatto di averlo ceduto in licenza ridusse notevolmente i margini di profitto per la Exidy, inoltre la società che aveva acquistato la licenza del gioco trovandosi in difficoltà economiche non fu in grado di versare i soldi dovuti per i diritti di licenza.
Insomma la salute economica della Exidy era abbastanza precaria, ma come spesso accade, nelle situazioni di crisi a volte si possono generare incredibili opportunità.
Effettuando un lavoro di reverse engineering sul cabinato di Destruction Derby ed apportando alcune piccole modifiche, l’ing. Howell Ivy, creò il gioco Death Race.
Lo scopo di questo titolo era quello di investire degli omini a spasso per lo schema di gioco, che morendo facevano emettere al cabinato un sonoro strillo. Non potendo far rimanere sullo schermo i corpi dei personaggi investiti, Ivy fece apparire delle pietre tombali a forma di croce creando un vero e proprio ostacolo al giocatore.
Inoltre qualche mese prima al cinema debuttò proprio il film omonimo (Death Race 2000), ed il gioco dava un potente rimando al contenuto della pellicola proprio focalizzandosi sul investire i pedoni. Possiamo dire di trovarci di fronte ad un antenato di GTA o CARMAGEDDON.
Per questioni di policy il nome di questi pedoni venne cambiato in gremlin e per rimanere più coerenti possibili, le grafiche del cabinato vennero sostituite con degli scheletri alla guida di muscle car dell’epoca.
Il gioco ebbe un discreto successo, ma nessuno alla Exidy si sarebbe aspettato quello che di lì a poco sarebbe successo.
Il fato volle che un giornalista passasse per caso vicino ad una sala giochi ed un suono stridulo, simile ad un urlo di un bambino, attirò la sua attenzione.
Entrando nel locale si accorse che il suono proveniva da un cabinato di un videogioco il cui scopo era quello di investire degli ominidi, avete capito no? Era un cabinato di Death Race.
Una volta visto il gioco, fiutò subito lo scoop e scrisse un articolo sottolineando la natura violenta di questo titolo.
Alcune tra le testate giornalistiche statunitensi più famose come Midnight, National Enquirer, WeekEnd, USA Today, additarono il gioco come violento ed inappropriato, in grado di turbare le giovani menti degli adolescenti americani del tempo.
Tale fu il polverone mediatico sollevato che la discussione arrivò addirittura in televisione sul famoso programma della NBC, il Tonight Show.
Anche altre software house si pronunciarono in merito a questo titolo, tra tutte la Atari che nella persona di Nolan Bushnell (allora CEO della società) rilasciò proprio un comunicato stampa in cui ne sottolineava l’immoralità e ne prendeva le distanze, specificando che uno dei principi della grande azienda californiana fosse quello di creare videogiochi che non prevedessero l’utilizzo di violenza nei confronti di altre persone.
Insomma, Death Race ed Exidy furono vittime di quella che oggi potremmo chiamare tranquillamente “tempesta di m****” o per dirla in inglese shitstorm.
Sta di fatto che tutto questo rumore mediatico ebbe un effetto molto positivo sulle vendite di Death Race. Pensate che in uscita la Exidy produsse circa 200 macchine, ma dopo il polverone innescato da quel giornalista della Associated Press di Seattle, a dire della stessa Exidy, ci fu un aumento di richiesta che fece salire a quota a 3.000 le unità prodotte, ribaltando così le sorti economiche dell’azienda in difficoltà per il mezzo fiasco di Destruction Derby.
Poi vabbè, qualche anno dopo la Exidy ci riprovò con Chiller, ma questa è un’altra storia.
Ad ogni modo, questo succedeva nel 1976, ma oggi?
La società in cui viviamo come accoglie i videogiochi considerati violenti?
C’è il PEGI che dovrebbe aiutare i genitori dei videogiocatori più piccoli ad un acquisto più consapevole, ma è realmente così? Non tutti i videogiochi trattano tematiche adatte ai più piccol,i eppure vedo spesso (qui parla il Mike padre) bambini piccoli/minorenni giocare con videogiochi con PEGI 18.
Io credo che un prodotto del genere debba essere usato da minorenni con la supervisione di un adulto, in modo da avere la possibilità di poter guidare il giovane gamer attraverso queste tematiche, anche perché credo che il videogame possa essere un importante momento di condivisione genitore/figlio.
Voi come la pensate in merito a questo argomento? il PEGI è superfluo, oppure ha ragion d’essere.
Io sono Mike, e sperando di avervi dato degli spunti interessanti su cui riflettere vi do appuntamento al prossimo articolo di Passione Arcade.