Abbiamo visto la prima (e unica) stagione di Swamp Thing, la terza serie TV targata DC Universe arrivata in Italia grazie ad Amazon Prime Video. Ve ne parliamo in questa recensione, assolutamente senza spoiler e con un pizzico di rammarico per la prematura cancellazione
Swamp Thing è la terza serie del DC Universe, il nuovo servizio streaming sul mondo dei personaggi DC Comics. Come gli altri due, Titans (in Italia su Netflix) e Doom Patrol (Prime Video), questo prodotto conferma l’ottima qualità dei contenuti della piattaforma e, nonostante la prematura cancellazione, si può dire che abbia lasciato il segno: scopriamo perché.
L’incipit è un classico: la bellissima dottoressa Abby Arcane (Crystal Reed) viene inviata dal CDC – il Centro per la prevenzione e il Controllo delle Malattie – a Marias, suo luogo natale in Louisiana, per indagare su una misteriosa epidemia che si sta diffondendo tra gli abitanti della piccola cittadina immersa in una palude.
Qui si troverà ad affrontare il proprio passato, tra vecchi amici e nemici.
Le indagini la portano ad incrociare le strade di diversi personaggi: gli amici Liz e Matt, i ricchi signorotti (nonché genitori adottivi della stessa Abby) Maria ed Avery Sunderland, la piccola Susie, il biologo Alec Holland. Con quest’ultimo, assunto da Avery per delle indagini nella palude, Abby instaura subito un intenso rapporto che li porta sulle strade più pericolose di Marais, in un gioco di potere che coinvolge dal primo all’ultimo cittadino.
Un gioco dominato dalla Natura, ma soprattutto dalla Palude, che colpirà lo stesso Alec.
Una catena di morti e annegamenti nella palude e la comparsa di una misteriosa creatura spingono Abby a rimanere a Marias, dove, inevitabilmente, dovrà fare i conti con il proprio passato, con ciò che l’ha spinta ad allontanarsi, con i segreti delle persone, con il Male stesso.
Quindi, se il plot ripropone usuali temi supereroistici, con la sfida tra Bene e Male, con il rapporto tra la Bella e la Bestia su tutti, qual è la mossa vincente?
In primo luogo il tono, le atmosfere: Swamp Thing è un (soft) horror, tensione e mistero caratterizzano la storia e avvolgono i personaggi; tutti nascondono dei segreti che affondano le proprie radici nel passato remoto o in uno più prossimo e vedono coinvolte persone – apparentemente – lontane tra loro. La scelta di ambientare la storia in una comunità piuttosto piccola accresce sicuramente il senso di ansia e di paura: tutti possono essere vittime, tutti possono essere carnefici. La maggior parte delle vicende vede come sfondo luoghi chiusi: il laboratorio di Alec, l’ospedale, il locale di Liz, la stessa Palude che è ormai sinonimo di morte e mistero.
I protagonisti, poi, hanno delle caratterizzazioni ben delineate – anche quelli secondari – e le loro vicende vanno inevitabilmente ad intrecciarsi con quelle dei protagonisti: Abby è determinata, Avery spietato, Alec e Woodrue (troppo) curiosi, Madame Xanadu inquietante.
Capitolo a parte per Swamp Thing: molto ben realizzato graficamente, la Creatura si prende la scena ogni volta che compare; è forte, potente e la paura che incute agli abitanti di Marias è tanta quanto la curiosità che ha lo spettatore di vederla in azione. Ma è anche combattuta interiormente: nel corso della serie, grazie anche al rapporto speciale con Abby, comprende come poter utilizzare al meglio le proprie capacità per combattere il Male, che risiede soprattutto nel cuore degli uomini.
Lo strettissimo legame con la palude (e la Natura in generale) permette di affrontare un tema di primaria importanza: l’inquinamento. La natura si ribella, reagisce e colpisce a causa dei danni subiti ad opera dell’uomo. Seppur per scelta narrativa, l’argomento deve far riflettere tutti noi una volta di più.
Un’adrenalinica scena post-credit nel finale di stagione (e di serie) aumenta a dismisura il dispiacere per la cancellazione del progetto: di ciò che avremmo visto nella seconda stagione ve ne abbiamo parlato qui.
Insomma, Swamp Thing è stata davvero una bella sorpresa. Purtroppo, però, rimane una pietra grezza che non sarà più lavorata nonostante avesse già mostrato il proprio valore.
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