Chi era Magnus? Ve lo spiega la redazione di MegaNerd analizzando una delle sue opere più celebri, vale a dire Tex: La valle del terrore, vero e proprio testamento artistico di uno dei più grandi autori del fumetto italiano. Mettetevi comodi che andiamo a cominciare.
Ben ritrovati, amici (o benvenuti, se questa è la vostra prima volta su MegaNerd). Oggi vi accompagnerò alla (ri)scoperta di un grandissimo autore analizzando, come già avevamo fatto con Claudio Castellini, uno dei suoi lavori più grandi, vero e proprio lascito artistico che continua a raccogliere consensi e profonda ammirazione anche oggi.
I più giovani neppure sapranno a chi mi sto riferendo, ma Magnus (al secolo Roberto Raviola) è considerato – e a ragione – uno dei più grandi artisti nel campo del fumetto italiano.
Tracciare una sintesi della sua carriera potrebbe essere complicato, dato che l’autore in questione si è mosso con scioltezza attraverso vari generi, distinguendosi con grande abilità in ognuno di essi, che fosse humor, horror, giallo, fantascienza oppure l’erotico. Ma ci proveremo lo stesso.
Nato a Bologna nel 1939, Roberto Raviola inizia la sua attività come vignettista durante gli anni universitari, adottando in quel frangente lo pseudonimo con il quale sarà presto conosciuto, ovvero Magnus (derivante dal motto accademico magnus pictor fecit, che sta più o meno per l’ha fatto un grande pittore, oppure è un grande pittore).
Durante gli anni ’60 viene ingaggiato in qualità di illustratore da Luciano Secchi (che i più conosceranno come Max Bunker), fondatore della Editoriale Corno con cui stringerà per anni un grande sodalizio artistico, dando vita a serie importanti (e altrettanto controverse per l’epoca) come Kriminal e Satanik, seguito poi a ruota dal goliardico Alan Ford e il gruppo TNT.
L’uso che Magnus faceva del bianco e nero per ricreare particolari atmosfere forgiarono la base per un nuovo genere di fumetti che mescolava il thriller e il grottesco. L’autore disegnerà ininterrottamente la saga di Alan Ford fino al n. 75 del settembre 1975, anno che segna il suo abbandono della Editoriale Corno e la rottura artistica con Bunker.
Raviola inizia così a lavorare per la Edifumetto di Renzo Barbieri. Dedica questi anni alla ricerca di un nuovo stile che diventa via via sempre più ricercato e particolareggiato e che metterà inizialmente al servizio del genere erotico. Negli anni ’70 pubblica una serie di racconti a fumetto che lo vedono impegnato per lo più anche ai testi Mezzanotte di morte, Dieci cavalieri e un mago, Quella sera al collegio femminile e Il teschio vivente.
Nel 1975 inizia a lavorare in qualità di autore completo alla serie Lo Sconosciuto, che spazia dallo spionaggio alla fantapolitica, con qualche punta di erotismo. Protagonista è Unknow, il cui nome suona appunto come sconosciuto in inglese, un tuttofare che vive svariate avventure in giro per il mondo tra intrighi governativi e storie criminose.
Lo Sconosciuto riceverà recensioni molto positive, tanto da essere considerato oggi uno dei suoi lavori migliori. Nel corso degli anni ’80 l’autore riprenderà poi il filone erotico con Necron, su testi di Ilaria Volpe (pseudonimo dietro al quale si celava la scrittrice Mirka Martini). A metà tra l’horror e il porno, lo stile di Magnus infonderà all’opera anche una singolare verve comica, del tutto inedita in progetti del genere.
Per tutto questo tempo il suo grande estro non è passato inosservato, e Sergio Bonelli lo ha corteggiato a lungo perché lavorassero insieme, senza tuttavia mai assillarlo, anche in qualche modo intimidito dalla fama del grande artista, come avrà a dire in seguito. Magnus, d’altronde, era equiparabile quasi ad un ronin, un samurai senza padrone, preferendo sempre di restare libero da ogni scadenza o pressione editoriale. L’autore ha sempre declinato gentilmente l’offerta dell’editore, almeno fino a quando il momento non sia risultato propizio.
Tex: La valle del terrore
Fu così che dopo tanti anni Sergio Bonelli riuscì ad ingaggiarlo per un Texone, ormai entrato negli annali, e che avrebbe tenuto occupato Magnus per moltissimo tempo. L’autore era già una leggenda del fumetto quando entrò nello staff di Tex, sicuramente un uomo complesso e indecifrabile, come ricorderà lo stesso Bonelli.
Il volume in questione è intitolato La valle del terrore, ed è scritto da Claudio Nizzi (il papà di Nick Raider). La sceneggiatura di Nizzi si adattò perfettamente allo stile di Magnus, per certi versi gotica e oscura con un pizzico di esoterismo.
Nella valle dello Yuba River, la fantomatica setta asiatica dei Vendicatori massacra i padroni dei giacimenti auriferi della zona. Tex e il fedele Kit Carson decidono di indagare trovandosi invischiati in una rete di intrighi e faide familiari.
Era il 1989 e l’autore, per affrontare al meglio la sfida, deciderà di ritirarsi nella tranquillità di Castel del Rio, un comune montano situato in Emilia Romagna. La consegna del volume sarebbe avvenuta entro tre anni. Ma la lavorazione si prolungherà invece per ben sette stagioni!
L’evoluzione del suo tratto, dovuto alla sua grande maniacalità nel ritrarre gli ambienti in ogni più piccolo dettaglio, portò l’autore ad allungare a dismisura il suo lavoro, malgrado avesse alle spalle una miriade di pagine consegnate frutto della sua esperienza maturata nel corso della sua carriera.
Immerso nel candido verde di Castel del Rio, Magnus decise di dedicarsi al suo Texone con una cura ossessiva per tutto ciò che le pagine contenevano, per ogni singola vignetta. Dalla radura più soleggiata alle foreste più fitte, così minuziose e particolareggiate da perderci gli occhi. Per comprendere a pieno il livello di dettaglio nella riproduzione della vegetazione, qualora la pagina precedente non fosse bastata, osservate questa di seguito.
A destare stupore è anche il sapiente uso della luce e del tratteggio, di come le ombre degli alberi si proiettino su rocce ed erbacce, senza però appesantire la pagina, permettendo che tutti gli elementi importanti della scena siano estremamente leggibili.
Eppure, a dispetto della sua maestria, Magnus affrontò l’albo con l’umiltà che contraddistingue i grandi artisti:
«Non posso che inchinarmi al lavoro degli autori venuti prima di me. Disegnare Tex è un impegno da far tremare i polsi».
Un impegno che sicuramente celava una grande responsabilità, ma sempre affrontata con la grande professionalità che l’ha sempre contraddistinto.
Nel seguente video, invitato nel 1995 a Treviso Comics, Magnus racconta qualche retroscena del Texone, e di come si sia trovato a visionare addirittura svariati cataloghi d’epoca per la riproduzione di armi e vestiti, in un momento storico in cui internet forse non era neppure agli albori del suo utilizzo.
Sicuramente lo aiutò nel suo lavoro anche il suo trasferimento in montagna, il quale molto probabilmente gli diede pure un certo sollievo per quel male che ormai da tempo lo logorava:
«Ho studiato in maniera ossessiva ogni oggetto, ogni ambiente, ogni paesaggio e addirittura mi sono traferito in montagna, perché lassù, a differenza della città, mi sembrava più facile, osservando un sasso, un fiume, un albero, immergermi nell’atmosfera antica e naturale di un racconto ambientato nel Wild West americano».
La sua certosina pignoleria per ogni elemento, che evidenziava persino come la luce illuminasse il fogliame di giorno oppure nel buio della notte, fu notata persino da Sergio Bonelli che, conscio del suo ruolo di editore, cercò più volte (e non senza imbarazzo) di smorzare la sua meticolosità, indirizzandolo verso una ricercatezza qualitativa meno fiscale.
Ma la vena artistica di Magnus era indomabile, anche quando il suo fisico ha cominciato a cedere. Nonostante fosse tartassato da quel tumore al pancreas che ormai si portava dentro da troppo, e stare al tavolo gli fosse ormai impegnativo oltre ogni limite, riuscì a consegnare infine tutte le tavole di Tex con un lapidario messaggio che recitava solo “Finito – Magnus“.
Dopo Sette anni. Sette lunghi anni di inteso lavoro. Purtroppo, a poche settimane dalla consegna, Roberto Raviola si spense, lasciando un grande vuoto nel cuore di tutti gli appassionati, così come dei suoi colleghi.
Quando la notizia lo raggiunse, Sergio Bonelli non era in Italia, ma in Brasile. Lì, dove trovava conforto dai problemi privati e lavorativi. La comunicazione lo spinse a scrivere immediatamente una sincera lettera di commiato, che sarà pubblicata in calce a La valle del terrore, in cui l’editore spiegava il suo rapporto con Magnus, dove alcuni aneddoti sono serviti per la scrittura di questo articolo.
La valle del Terrore è un lascito incredibile, un testamento che un grande artista ha deciso di lasciarci, forse anche inconsapevolmente, testimonianza dell’impegno (e forse anche della sofferenza) profusa in ogni singola pagina. Quell’abnegazione che porta all’elevazione della propria persona e del proprio lavoro, tanto da raggiungere la massima espressione di sé stessi.
Con quanto scritto spero non solo di aver reso omaggio, ma soprattutto di aver portato all’attenzione del pubblico le gesta di uno dei più grandi artisti che il mondo della nona arte abbia mai ospitato. Semplicemente Magnus.