In questo nuovo episodio di Passione Arcade ripercorriamo la strada fatta dai videogiochi di guida negli ultimi 50 anni. Allacciate le cinture, perché correremo attraverso il tempo!
Ragazzi, allacciatevi bene le cinture e se soffrite di mal d’auto mettetevi nei posti vicini al finestrino, perché questa settimana vi condurrò in un viaggio lungo le autostrade della silicon valley per riscoprire insieme come sono cambiati i videogiochi di guida dagli anni 70 ad oggi.
Ah già e non dubitate delle mie abilità da pilota, come referenza posso dirvi che ho preso tutte le patenti giocando a Gran Turismo per Playstation 1 (no, non è vero, io al massimo portavo la macchina al car wash).
Insomma, se c’è una cosa che tutti noi da bambini abbiamo fatto almeno una volta nella vita è stata sederci al posto di guida della macchina dei nostri genitori e far finta di guidarla attraverso circuiti sportivi a tutta velocità (chi non l’ha fatto mente).
Questa fantasia che accomuna un po’ tutti è stata la scintilla che ha spinto gli sviluppatori di videogiochi a creare i giochi di guida… beh sì, quello e anche il fatto che sicuramente i ragazzini in fascia preadolescenziale avrebbero speso il loro soldi per giocarci. Ad ogni modo, nel 1974 nasce uno dei primissimi giochi di guida, Gran Trak 10 di Atari, e non meravigliatevi se me la sentite nominare spesso, non è una mia fissazione, ma di fatto il mercato dei videogiochi è stato inventato da lei.
Ora i più giovani tra di voi che leggeranno questo articolo faranno fatica a crederci, ma in questo videogioco in bianco e nero non c’era nessuna vettura da superare o da mandare fuori strada, l’unico vostro nemico era il tempo. Già perché lo scopo del gioco era quello di far percorrere alla vostra vettura più strada possibile in un dato lasso di tempo.
La visuale di questo gioco, come in molti giochi di guida che seguiranno, sarà dall’alto e questo principalmente perché all’epoca la potenza di calcolo delle macchine era ridotta e questa modalità era l’unica realizzabile per questa tipologia di giochi. Ma parliamoci chiaro, qual era il motivo che spingeva i ragazzini a giocare con questi videogiochi?
Il volante! Infatti questa era la caratteristica principe dei videogiochi di guida, avere l’acceleratore, il freno, la leva del cambio ed il volante!
Nel caso specifico Gran Trak 10 possedeva la leva del cambio con 3 marce più la retro, immaginate cosa potesse voler dire trovarsi davanti un videogioco del genere all’età di 6/8 anni!
Ma siamo solo all’inizio del nostro viaggio, e i racing game hanno ancora molta strada da percorrere per arrivare a quello che abbiamo oggi. Facciamo ora un salto in avanti di 8 anni, in questo arco temporale molti sono stati i giochi di guida realizzati e diversi sono quelli che hanno avuto successo ma nel 1982 esce un gioco, sviluppato da Namco, che segnerà un importante passaggio, sto parlando di Pole Position.
Il primo videogioco di guida in cui era possibile gareggiare all’interno di un tracciato realmente esistente, ovvero il Fuji speedway, e in cui bisognava superare una sessione di qualifica per accedere alla gara vera e propria.
Molte altre sono le differenze rispetto a titoli della decade precedente, una su tutte la visuale di gioco.
Infatti Pole Position presenta una visuale in terza persona con vista da dietro la vettura, come diversi giochi di guida moderni, e ovviamente il tutto era colori.
Pensate che tanto e tale fu il successo di questo videogioco che rimase in testa alla classifica dei videogiochi più venduti per 2 anni di fila, in oltre questo era uno di quegli arcade che presentavano il cabinato anche in versione cockpit, ovvero quei cabinati dove era possibile giocare stando seduti su di un sedile, come in una macchina da corsa.
Ma chi si ferma è perduto, specialmente nei giochi di guida e quindi facciamo un salto in avanti fino al 1986 dove arriva nelle sale giochi il videogioco di Sega, Out Run.
Altra pietra miliare dei videogiochi di guida, questo titolo sfrutta una tecnologia inventata da game designer Yu Suzuki, chiamata super scaler, che era in grado di variare la dimensione degli oggetti a schermo con una tale velocità da riuscire a restituire al giocatore la percezione di stare giocando ad un titolo 3D.
In questo videogioco viene ridefinito il concetto di gara automobilistica, trasformandolo l’evento in un viaggio, reso unico grazie al susseguirsi dei paesaggi che rendono l’esperienza di gioco unica, come anche l’ottima colona sonora.
L’innovazione nei videogiochi di guida avanza di pari passo con il progresso tecnologico dei cabinati, infatti sul cabinato delux di Out Run viene introdotta la capacità di muovere l’intera struttura tramite degli attuatori idraulici, che se vogliamo potremmo definire come una versione “preistorica” dei moderni simulatori di guida (io l’ho provato e vi posso garantire che è divertentissimo).
Ci stiamo lentamente avvicinando ai giorni nostri e come potrei farlo senza citare un titolo, sempre di casa Sega, che per noi italiani era motivo di orgoglio, non tanto per le sue origini, ma perché tra le vetture selezionabili era presente una delle automobili più iconiche della storia Italiana, la Lancia Delta Integrale.
Naturalmente mi riferisco a Sega Rally del 1994.
Titolo che difficilmente vi risulterà sconosciuto, sia che siate frequentatori di sale giochi, sia che siate videogiocatori da console.
Già perché un importante fattore “evolutivo” di cui fin ora non avevo tenuto conto è quello del progresso compiuto dalle console domestiche che in quegli anni ridussero drasticamente il gap che c’era con i videogiochi arcade.
Ma torniamo a Sega Rally, titolo dalla grafica fotorealistica per l’epoca, aggiunse un importante elemento al gameplay utilizzando il force feedback sul volante come parte integrante della strategia di gioco. Infatti pur non essendo il primo videogioco a farne uso, fu tra i primi ad utilizzarlo come elemento integrato nel gameplay, infatti ad ogni risposta del volante equivaleva una azione da fare nel gioco.
Vi faccio un esempio: nel caso steste affrontando una curva troppo velocemente, il primo sintomo della perdita di aderenza sarà dato dall’addolcimento dello sterzo, questo, scalando una marcia si irrigidirà, facendovi riprendere il controllo della vettura. Una buona sensibilità alla risposta del volante poteva significare una buona capacità di guida in un gioco come Sega Rally.
Dal 2000 in poi, molti sono stati i titoli usciti su console e molti orientati all’aspetto simulativo, basti pensare a F355 Challenge, oppure a tutta la serie Forza Motorsport e Forza Horizon.
Con una potenza di calcolo pressoché illimitata, le capacita simulative dei videogiochi sono cresciute in maniera esponenziale, come anche la possibilità di immagazzinare ed elaborare ogni tipo di informazione relativa al tracciato, alle telemetrie, o alla fisica delle vetture.
Oramai, sempre di più, i videogiochi di guida si avvicinano alle condizioni di guida reale, vi basti pensare che durante il primo lock down, diversi piloti professionisti di formula uno si loggavano in campionati online per gareggiare contro ignari giocatori non professionisti, o semplicemente per allenarsi.
Insomma in soli 50 anni siamo passati da una manciata di pixel in bianco e nero, realizzati con qualche microchip a esperienze di gioco totalmente immersive capaci di far vivere al giocatore le stesse sensazioni, o quasi, che potrebbero vivere salendo a bordo di bolidi da 800 cavalli e più.
Io sono Mike e ringraziandovi per essere arrivati fino a qui senza avermi sporcato gli interni dell’auto, vi do appuntamento alla prossima settimana con un nuovo articolo di Passione Arcade!