Iniziamo oggi un viaggio che ci porterà alla scoperta dei giganti del Wrestling anni 80 e 90: eroi colorati e senza paura da non dimenticare. Partiamo alla grande ricordando uno scontro epico: quello tra Hulk Hogan e The Undertaker nelle Survivor Series del 1991!
Da bambino, dopo aver fatto i compiti, passavo il tempo giocando a pallone, guardando i cartoni e chiacchierando con gli amici di uno strano sport arrivato sugli schermi italiani direttamente dall’America. C’erano questi personaggi coloratissimi, in costume da bagno o da carnevale (a seconda della prospettiva) che si prendevano a mazzate su un ring. Si chiamava wrestling e divenne immediatamente una delle mie passioni. Dopo gli albori, con la trasmissione sulle reti locali della lotta giapponese (che i meno giovani ricorderanno con l’impropria definizione nostrana di catch) e di qualche sporadico incontro americano, infatti, nel 1986 Italia1 cominciò a trasmettere lo show WWF Superstars of Wrestling. E fra gli spettatori più giovani fu immediatamente “pandemonio!”, parafrasando una celebre esclamazione di colui che, per gli appassionati di quegli anni, rappresenta ancora oggi l’unica vera “voce narrante” di questo pittoresco sport-spettacolo: Dan Peterson. Il successo fu tale da determinare lo spostamento della trasmissione nel palinsesto televisivo dalla seconda serata del sabato a un appuntamento giornaliero pomeridiano (con la successiva nascita di Tele+2) e, soprattutto, a uno spazio la domenica mattina, con Wrestling Challenge, quando i più piccoli erano facilmente intercettabili dalle pubblicità degli innumerevoli gadget a tema: accessori, videogiochi, card, figurine e le action figures. O meglio: i “pupazzi”, come io e i miei amici li chiamavamo.
E le vacanze di Natale, in questo senso, erano ovviamente un periodo di grande fermento per noi giovani fan del wrestling, che avevamo pomeriggi liberi dai compiti per guardare tranquillamente quei giganti che si picchiavano in tv e, soprattutto, potevamo sperare di trovare un Hulk Hogan o un Ultimate Warrior giocattolo sotto l’albero. Poi, se gli Hogan e i Warrior erano finiti e l’unico che riuscivi a trovare in negozio era un Honky Tonk Man (quel lottatore che si vestiva da Elvis ed era solito spaccare la sua chitarra in testa agli avversari) – per dire – andava bene lo stesso. Ma, tornando alla televisione, del periodo natalizio di inizio anni Novanta ricordo lo sgomento per aver assistito, in occasione delle Survivor Series del 1991 (non ricordo se durante una delle trasmissioni di Tele+2 oppure su una vhs prestatami da un mio amico), alla perdita del titolo da parte del mio idolo Hulk Hogan!
Un’immeritata sconfitta contro un nuovo lottatore oscuro e implacabile, giunto alla WWF direttamente dall’aldilà: The Undertaker, coadiuvato nella sua impresa dalla scorrettezza (una sedia introdotta sul ring) di quel maledetto Ric Flair, il biondo borioso venuto da un’altra federazione con indosso una vestaglia fin troppo “femminile” per gli occhi di un bambino di poco più di 10 anni. Quell’episodio rischiava di rovinare le vacanze a me e a migliaia di altri piccoli tifosi in tutta Italia. Oserei dire che molti di noi erano disperati. Perché bisogna riconoscere che The Undertaker era inquietante e, prima di allora, non si era mai visto nulla di così spaventoso nel mondo del wrestling. Poco dopo, però, scoprimmo che Hogan avrebbe avuto subito una chance per riscattarsi, dato che si sarebbe nuovamente scontrato con il becchino, un “martedì in Texas”. Il miracolo delle feste era ancora possibile, nonostante tutti i nostri dubbi.
Ma bisognava continuare ad avere fiducia perché “Dio ha creato il Paradiso, ha creato la terra, ha creato tutti gli Hulkamaniacs. Poi, ha creato due pitoni da 24 pollici (Hulk definiva così le sue braccia, ndr.), fratello!”. Ed a quelli bisognava affidarsi.
Una serie di colpi, tutta la sofferenza che quei baffi riuscivano a sopportare si rifletteva sul suo volto deforme. Mentre il diabolico Undertaker non lasciava trasparire alcuna emozione, sembrava di trovarsi di fronte a uno zombie senza sentimenti. Un’autentica macchina di distruzione. E quando tutto sembrava perduto, quando dentro di me sentivo svanire la speranza che il bene potesse trionfare ancora una volta sul male e la paura che un’era di oscurità incombesse su di noi cominciava a darmi brividi, il prodigio: la vita tornava a scorrere nelle vene di Hogan grazie agli incitamenti costanti dei fan. Il mio eroe sembrava essere stato scosso da un’improvvisa scarica elettrica, seguita a ruota dal boato del pubblico nell’arena (e di quello da casa).
Un colpo. Un altro. E poi un altro ancora. L’Undertaker vacillava ma non cadeva a terra. Incredibile. Stava realmente succedendo? Quell’essere era davvero così indistruttibile? Erano momenti concitati.
Poi, approfittando di una distrazione dell’arbitro, in un atto disperato, Hulk afferrava l’urna funeraria con le ceneri, che il manager del “becchino” portava sempre con sé durante gli incontri, e le tirava negli occhi del nemico. Roll-up. 1-2-3. Vittoria! Dan Peterson urlava! Il pubblico nell’arena era in visibilio. Il nostro eroe aveva sconfitto di nuovo il cattivo. Forse in maniera non del tutto “pulita”, certo. Ma – che diamine! – salvare il Natale di intere schiere di bambini, a volte, richiede azioni radicali!
Gianluca Caporlingua