Abbiamo visto in anteprima “Crimes of The Future“, l’attesa pellicola del visionario regista David Cronenberg. Queste sono le nostre impressioni.
Non vi nascondo che quando mi è stato chiesto di andare all’anteprima stampa del nuovo film di David Cronenberg ho accettato con entusiasmo, ma anche con una punta di paura. Il linguaggio e le tematiche trattate dal visionario regista canadese non sono materia semplice, mi sono detto, e visti I primi trailer di “Crimes of the Future” mi sono chiesto se sarei entrato in sintonia con questa pellicola.
È stato proprio David Cronenberg ad aprirmi un portone che dava libero accesso a una forma di fantascienza horror disturbante (o anche “body horror“) che rimane oggi uno dei generi cinematografici che preferisco. Per quanto mi riguarda, questo portone fu schiuso con il film culto “La Mosca” (remake de “L’esperimento del Dottor K“, classico del 1956). Nel 1986, anno di uscita de “La Mosca“, avevo 13 anni e vidi il film grazie ad una VHS pirata rimediata da un mio amico perché I miei genitori non erano molto d’accordo nel portarmi al cinema per vedere una pellicola così cruenta: divorai quella videocassetta con la curiosità di un adolescente degli anni 80 che sfoglia un giornalino porno.
Presentato in anteprima al Festival di Cannes 2022, “Crimes of the Future” arriva dopo quasi 10 anni da “Maps of the Stars” (2014), ultimo film che ha visto la regia dell’acclamato regista canadese . Il film riprende tematiche sulle quali Cronenberg si è mostrato da sempre sensibile: la contaminazione tra il corpo umano e la macchina, la trasformazione fisica,la ricerca continua dell’appagamento sessuale mediante l’autolesionismo.
La storia è ambientata in un ipotetico futuro dove le cose per l’umanità non sono andate affatto bene. Ci troviamo di fronte ad un futuro dove il progresso tecnologico si è arenato e la natura sta cercando di reagire prendendo il sopravvento. In tal senso, la scena iniziale del film è emblematica: assistiamo ad un bambino che gioca in spiaggia e sullo sfondo si staglia una nave da crociera piegata su stessa. Un’immagine simile a quella tristemente reale di qualche anno fa della Costa Concordia sulla riva dell’isola del Giglio.
In questo futuro l’uomo è riuscito ad anestetizzare completamente il dolore, togliendo all’organismo umano un sintomo vitale e un meccanismo di difesa essenziale. Quasi come forma di reazione, il corpo umano ha cominciato a sviluppare nuovi organi in maniera spontanea. Non è chiaro lo scopo di questi nuovi organi. Se da una parte la comunità scientifica è concentrata nel capirne l’utilità, al governo non piace questa mutazione perché rende gli uomini meno umani e più difficili da controllare. Piace molto invece alla società tecnologica LifeFormWare che, in tutto ciò, intravede possibilità di lucro, producendo letti e sedie fatti di ossa sintetiche che aiutano il paziente nelle proprie attività fisiologiche , quali il mangiare e il dormire.
Questa mutazione rappresenta, sopratutto, un fenomeno di culto creando un seguitissimo genere di arte concettuale.
Viggo Mortersen e Léa Seydoux interpretano Saul Tenser e Caprice, una coppia di performer i cui spettacoli sono incentrati in operazioni chirurgiche volte all’estirpazione dell’organo di turno. Queste performance attirano anche organizzazioni governative che hanno lo scopo di catalogare I nuovi organi prodotti come se fossero nuove specie animali.
Ma quale arte ci può essere dietro l’espianto di un organo da un essere umano ? Saul Tenser si fa “tatuare” gli organi in eccesso da Caprice mentre sono ancora dentro il suo corpo per poi espiantarli chirurgicamente davanti al proprio pubblico. Il tutto per manifestare il rigetto verso la mutazione, per dimostrare il totale controllo su un fenomeno che il corpo ha imparato a palesare in maniera del tutto casuale. Un’azione che potrebbe essere paragonata all’istinto che ha portato Picasso a creare i suoi immortali capolavori: produrre arte da un atto completamente anarchico.
Il culto dell’espianto degli organi ha determinato anche il modo di vivere il piacere e la sessualità. “La chirurgia è il nuovo sesso” viene ripetuto spesso durante i numerosi sproloqui presenti nel film. L’atto dell’incisione corporea viene vissuto come una pratica sessuale che ridefinisce il concetto di piacere. In una morbosa scena Viggo Mortersen ammette di “non essere più capace a fare sesso alla vecchia maniera”. E il fatto di dirlo a una iper eccitata Kristen Stewart mi è sembrato più che coraggioso, oltremodo oltraggioso.
In questo aspetto ritroviamo fortemente gli elementi portanti di “Crash” (1996) , opera visionaria diretta sempre da Cronenberg e tratta dall’omonimo romanzo di James Ballard, in cui l’appagamento sessuale viene realizzato mediante l’ausilio di incidenti automobilistici e delle ferite che ne derivano.
Sullo sfondo di questo scenario allucinante c’è un mistero che coinvolge l’assassinio di un bambino il quale ha cominciato a manifestare una mutazione nel suo organismo che consentiva al suo apparato digerente di assimilare la plastica. Sebbene questa trama dovrebbe essere il traino dell’intero film, questa viene inghiottita dal contesto visionario della pellicola e , quindi, sembra un mero pretesto per arricchire il grande affresco disegnato da Cronenberg.
“Crimes of the Future” punta tutte le sue fiches sull’estetica di un futuro che rifugge l’hi tech , i computer iper veloci e le apparizioni olografiche. Le operazioni chirurgiche, oggetto delle performance di Saul e Caprice, vengono mostrati al pubblico mediante l’ausilio di vecchi televisori a tubi catodici. Un futuro retrò decadente che è facile trovare in altre opere di fantascienza (mi viene in mente “Tales from the loop” anche se in questo caso l’estetica è completamente differente).
In quest’ottica c’è poco spazio per la scrittura. I personaggi sono volutamente inebetiti e I dialoghi, spesso, sono sproloqui sulla loro condizione e motivazioni che li muovono in scena. Viggo Mortersen, agghindato come l’imperatore Palpatine di Star Wars, recita con voce bassa e roca per enfatizzare il suo stato di salute perennemente in bilico. La performance attoriale di Léa Seydoux, sebbene carica di sensualità, appare anonima. Per sua stessa ammissione non è stato semplice entrare nelle corde di uno script così particolare:
«Devo ammettere che non ho capito tutto quando ho letto la sceneggiatura all’inizio. È come aver fatto un salto in piscina e penso che sia quello che vuole David.»
Infine Kristen Stewart, che in “Crimes of The Future” interpreta il ruolo secondario di una scienziata del governo che si occupa della catalogazione degli organi, contribuisce con una buona dose di sensualità con un bacio mozzafiato con Viggo Mortensen, unica concessione che il film ci regala a una forma di sessualità “canonica”. In generale la sua performance, sebbene defilata, non sfigura affatto.
Questo film è tutto molto bello da vedere e, contrariamente alle mie aspettative, si entra da subito in sintonia con le atmosfere morbose della storia. Unica nota stonata di tutto il lungometraggio è il finale che è sembrato, per usare un eufemismo, non approfondito a sufficienza. Un finale aperto che invita a interpretazioni ma che avrebbe meritato uno sviluppo migliore. La chiave di lettura che ho dato a tutto il film risiede nell’impossibilità da parte dell’uomo di controllare ogni cosa con la tecnologia. È la sconfitta del progresso tecnologico nei confronti della natura la quale, in un modo o nell’altro, riesce sempre a prendere il sopravvento. E per la quale l’uomo è destinato a mutare per non dover soccombere.
Si è parlato molto e a sproposito del lato horror e disturbante di “Crimes of the Future“. Come il sovraintendete Bloch di Dylan Dog ho preso un antiemetico prima di entrare in sala per accorgermi, poi, che non ce n’era assolutamente bisogno. Il film presenta scene crude ma nulla di particolarmente sconvolgente. È un film esteticamente molto bello che sa essere anche grottesco, soprattutto quando vediamo Saul farsi sballottare da una sedia fatta di ossa sintetiche per assicurarsi una corretta digestione senza incappare in effetti indesiderati, stante la sua condizione di perenne mutazione.
In conclusione: “Crimes of the Future” è un film visionario e molto valido, se si esclude il finale “monco”. È una pellicola che sacrifica sull’altare dell’estetica e dello stile ogni aspetto relativo alla trama e alla scrittura. Vederlo al cinema è come assistere a una mostra su H.R. Giger. Se entrate in sala consapevoli di questo approccio allora , sono sicuro, lo apprezzerete appieno.
Crimes of the Future
Viggo Mortensen: Saul Tenser
Léa Seydoux: Caprice
Kristen Stewart: Timlin
Scott Speedman: Lang Daughtery
Denise Capezza: Odile
Welket Bungué: Cope
Don McKellar: Wippet
Lihi Kornowski: Djuna
Tanaya Beatty: Berst
Yorgos Karamihos: Brent Boss
Yorgos Pirpassopoulos: Dr. Nasatir
Nadia Litz: Dani Router