Dieci episodi per raccontare vita, morte e devianze di Jeffrey Dahmer, il cannibale di Milwaukee.
Il 2022 è stato un anno particolarmente fortunato per Netflix. Numerosi sono i successi lanciati dal colosso streaming nel corso di quest’anno e oggi puntiamo l’attenzione proprio su uno di questi.
Dopo una lunghissima attesa “Monster: The Jeffrey Dahmer Story” arriva su Netflix per tracciare il profilo di uno dei serial killer più spietati di sempre.
Le pagine di cronaca sono spesso diventate nere nel corso della storia, tuttavia c’è un caso particolare che nonostante siano trascorsi più di 30 anni, continua a destare orrore nella mente di tutti.
Parliamo della storia del cannibale di Milwaukee rielaborata e portata alla nostra attenzione in maniera superlativa, da Ryan Murphy e Ian Brennan.
Dahmer: un incubo da cui nessuno vuole svegliarsi
“Monster” non è una semplice serie, sembra più un incubo da cui nessuno vuole svegliarsi. A confermare ciò, l’incredibile successo che la serie continua a riscuotere a pochissime settimane dall’uscita. E la superba interpretazione del giovane Evan Peters ha sicuramente il suo peso su tutto questo clamore.
La mente contorta e allo stesso tempo geniale di Ryan Murphy è ormai vecchia conoscenza per gli amanti degli horror. Impossibile non citare American Horror Story o per esempio Nip/Tuck, progetti sempre ideati di Murphy che hanno regalato al pubblico un altro modo di osservare insieme il mondo del macabro e quello dell’omosessualità.
Inoltre, Murphy sembra avere un super potere per quanto riguarda la ricerca di nuovi talenti. Superpotere confermato con la scelta del protagonista di questa serie.
Murphy, dopo aver battezzato Evan Peters attraverso personaggi come il sociopatico Tate Langdon di AHS, ha scommesso tutto sull’attore statunitense invitandolo all’ardua sfida di interpretare un mostro.
Il mostro che adesso sta facendo impazzire il web. La serie ripercorre i sentieri più oscuri di una mente che cela ancora segreti sicuramente spaventosi. È forse questo tuffo nell’ignoto che sta stregando i telespettatori?
Una serie che ripercorre i sentieri più oscuri della mente di Dahmer
Jeffrey era un tipo solitario, che adescava le sue vittime nei bar frequentati dalla comunità gay della città. Cercava giovani uomini dai corpi sodi e prestanti. Con la scusa di essere un fotografo amatoriale in cerca di giovani modelli a pagamento, Jeffrey si addentrava così in un lato parallelo della società, quello delle minoranze etniche e dell’omosessualità.
Murphy ha dato la possibilità al pubblico di guardare più da vicino una parte della società quasi sconosciuta a tutti. Una parte caratterizzata da fragilità, insicurezze e tanta marginalità.
Erano gli anni 80 e i club brulicavano di giovani uomini che cercavano sé stessi in lustrini, luci stroboscopiche e tiepidi sorrisi scambiati al bancone dei bar.
Nella serie questo scenario viene riprodotto alla perfezione nelle atmosfere di fine anni 80, attraverso colonne sonore particolarmente interessanti e una fotografia cupa come l’animo dei protagonisti.
Si, perché i protagonisti di questa tragica pagina di cronaca sono tutti delle vittime, che vengono investiti in pieno da una serie di sfortunati eventi.
Una famiglia difficile in cui dover nascere
A partire dal padre di Jeffrey, ovvero Lionel Dahmer, magistralmente interpretato da Andrew Shaver, proseguendo con la madre e persino la nonna.
La madre di Jeffrey, interpretata da Penelope Ann Miller rappresenta forse l’elemento che innesta questo incubo. Nella serie, viene raccontato con minuziosità il fatto che la donna già ai tempi della gravidanza soffriva di depressione, rinnegando persino il figlio che portava in grembo.
L’instabilità mentale della madre le porta ben presto una dipendenza da farmaci antidepressivi, che sicuramente non hanno giovato alla crescita del feto. Ma queste purtroppo sono solo supposizioni, alcune delle quali sollevate anche nel corso degli episodi.
La madre non accetterà mai quel bambino e il rapporto diventerà anno dopo anno più difficile, incidendo profondamente sullo sviluppo della personalità di Jeffrey. L’atteggiamento di Joyce Dahmer la porterà ad increspare anche i rapporti con il padre, determinando così il divorzio quando Jeffrey era ancora adolescente.
Lionel invece ha sempre mostrato per il piccolo Jeffrey una notevole apprensione. Difatti, nella serie è descritto come un padre, di quelli con la P maiuscola che cerca in ogni modo di andare in contro al figlio.
Il rapporto travagliato tra padre e figlio
Nel corso dei dieci episodi emerge un rapporto padre e figlio molto contorto. Un figlio che ama il padre, al punto da cercargli.. aiuto, chiedendogli in più occasioni, il motivo per il quale la sua mente partorisce idee così atipiche.
In queste occasioni Lionel ha voltato la propria attenzione altrove, forse perché spaventato da quella che poteva essere la verità. E forse nasce anche da tutto questo la sindrome di abbandono che ha spinto Jeffrey a trovare a tutti i costi compagnia.
La contrapposizione tra immagini relative all’infanzia di Jeffrey e quelle riguardanti l’epoca degli omicidi, aiuta lo spettatore a tracciare il profilo di un Mostro ma anche di una società in cui è più semplice voltare lo sguardo dall’altra parte piuttosto che lasciarsi coinvolgere da ciò che accadeva alle minoranze.
Diciassette omicidi, diciassette storie che non verranno mai dimenticate
I 17 omicidi commessi da Jeffrey Dahmer dal 1978 al 1991, sono stati sicuramente agevolati dal fatto che all’epoca nemmeno le autorità volevano portare attenzione alle problematiche relative alle minoranze etniche e agli omosessuali.
Non è sicuramente un caso il fatto che Dahmer abbia puntato nel 90% dei casi, ragazzi omosessuali e di colore, solo in due occasioni ha scelto ragazzi dalle origini asiatiche.
Nel corso dei dieci episodi vengono portati alla luce i dettagli di alcuni dei 17 omicidi commessi dal serial killer. Forse quelli più cruenti, come il caso del giovanissimo Konerak, adescato nonostante avesse soli 14 anni e divenuto triste protagonista di una vicenda ancora più agghiacciante della morte stessa.
Nel secondo episodio della serie il giovane Konerak riesce a fuggire dall’appartamento di Dahmer, purtroppo è in stato confusionale a causa del primo tentativo di lobotomia casalinga, alla quale Jeffrey l’aveva sottoposto.
Incontra sul pianerottolo di casa le vicine di casa di Jeffrey, tra cui Glenda Cleveland, che chiamano subito la polizia per denunciare l’accaduto. Arrivati gli agenti, una delle sue vicine afferma di aver visto il giovane Konerak in giro giocando con lombrichi, alludendo quindi al fatto che il ragazzo fosse di giovane età.
Le donne avevano intuito che si trattasse di un bambino ma nonostante ciò gli agenti hanno preferito non credere a tali affermazioni. Mentre la pattuglia era ancora ferma in presenza di Konerak arriva Jeffrey.
E proprio qui accade qualcosa di inverosimile. Dahmer dice agli agenti che Konerak era maggiorenne e che aveva una relazione gay con lui. Così gli agenti decidono di credere al serial killer, riconsegnando il minorenne direttamente nelle mani dell’assassino.
Konerak è morto quella stessa notte e tutti ci siamo detti che se i poliziotti quella sera avessero svolto il loro ruolo, il povero ragazzo sarebbe ancora vivo.
Dahmer è un successo perché ognuno ha fatto la propria parte
Per Murphy, abituato a creare l’orrore dal nulla, non sarà stato per niente facile riprodurre mostruosità avvenute nella vita reale. La narrazione un po’ lenta ma minuziosa, porta lo spettatore a guardare massimo due episodi accodati. Dopotutto, ci vuole fegato a guardare contenuti dall’impatto così forte.
Se Monster: The Jeffrey Dahmer Story racconta di eventi così atroci, perché il pubblico continua ad amarla portandola attualmente in vetta tra le serie Netflix più viste al mondo?!
La risposta, a nostro avviso, si cela nell’interpretazione di tutti i membri del cast. Il Dahmer proposto da Evan Peters è un Dahmer criptico e alla continua ricerca di qualcuno che possa restare come punto fisso nella sua esistenza. Tuttavia, gli impulsi omicidi e malati del serial killer, riescono a prevaricare sempre, anche quando Jeffrey sembra mostrare reale interesse nei confronti del prossimo.
Peters è riuscito a ricostruire alla perfezione gli impulsi che hanno portato l’assassino a commettere tali atrocità, ma l’attore ha portato sullo schermo anche l’angoscia e la disperazione che egli manifesta dopo essersi reso conto di cosa è diventato.
L’attore statunitense si è totalmente abbandonato al serial killer, attuando una trasformazione che è partita dapprima la propria forma fisica, impegnandosi ad ottenere un corpo prestante e statuario, proprio come quella di Dahmer.
Difatti nel corso del primo episodio il serial killer appare incantevole in pista, e mentre balla con in sottofondo “Enigma – Sadeness – Part I”, i suoi muscoli catturano la poca luce che trapela dall’ambiente circostante come se fosse una statua marmorea, oltre naturalmente a catturare tutta l’attenzione del pubblico.
E lavorando successivamente anche alla gestualità, alla profondità dello sguardo e al tono di voce, elemento fondamentale da cui trapela il disagio del serial killer.
Lionel e Glenda, due figure chiave della storia
Anche l’interpretazione di Andrew Shaver, nel ruolo di Lionel Dahmer, ci lascia a bocca aperta. L’attore è riuscito a portare sullo schermo le preoccupazioni di un padre che capisce che il figlio non ha il proprio posto al mondo. A nulla sono serviti i goffi tentativi di trovare assieme a lui delle risposte.
Risposte però che non arrivano, o arrivano troppo tardi. La figura di Lionel infatti continua ad essere quella di un padre amorevole ma spaventato dal proprio figlio, fino alla fine della serie.
Anche il personaggio di Glenda Cleveland ha turbato i nostri animi perché da voce a quella parte della comunità che non è stata ascoltata all’epoca dei fatti.
C’è da dire però che questo personaggio è in parte immaginario, perché in realtà reincarna due delle vicine che hanno realmente vissuto accanto a Jeffrey (Glenda Cleveland e Pamela Bass).
Glenda infatti nella serie, è la vicina di Jeffrey, insospettita dalla puzza che emana l’appartamento del giovane e dall’atteggiamento sospetto che esso manifesta, inizia ben presto a chiedere aiuto alle forze dell’ordine.
Alla fine del secondo episodio “Non andare via”, viene addirittura fatta ascoltare una delle chiamate realmente avvenute all’epoca dei fatti. In questa chiamata Glenda chiama la polizia e chiede spiegazioni su ciò che era accaduto al giovane Konerak. In questa occasione l’agente non solo si mostra annoiato dalle attenzione della donna, ma cerca in tutti i modi di concludere la chiamata quanto prima possibile.
Niecy Nash ha riprodotto il personaggio di Glenda Cleveland con estrema bravura, riportando sullo schermo le paure di una donna consapevole dell’orrore che si celebrava all’appartamento accanto, ma inerme perché ignorata dalle autorità.
All’epoca purtroppo le persone di colore metaforicamente non avevano voce e nei rarissimi casi in cui le loro grida di aiuto riuscivano ad arrivare alle forze dell’ordine, venivano ignorate.
Numeri da capogiro nonostante le polemiche
Monster è ufficialmente entrata nella top 10 delle serie più viste al mondo. Questo però non toglie che oltre al clamore la serie è stata accolta anche da numerosissime polemiche.
Le polemiche hanno coinvolto alcuni familiari delle vittime. Come il caso di Rita Isbell, sorella di Errol Lindsey, furiosa per il fatto che la produzione non ha contattato nessuno dei familiari per metterli al corrente dello sviluppo della serie.
Per ulteriori dettagli puoi leggere qui. Ma i familiari delle vittime non sono stati gli unici a sollevare polemiche relative al fenomeno Dahmer. Anzi, in molti si indignano dinnanzi a tale successo e temono addirittura che tutta questa fama possa avere una cattiva influenza sulla società.
Effettivamente Peters ha trasformato un mostro come Jeffrey Dahmer in un personaggio quasi “ammirato” da una parte della società.
Quella parte della società che non sempre resta coi piedi per terra, che si nasconde dagli sguardi altrui e che potrebbe anche perdere la testa da un momento all’altro.
In conclusione? Monster – The Jeffrey Dahmer Story è una serie che ti prende e ti getta in una storia buia e contorta, che a tratti sembra la trama di un film horror, ed è proprio questo a sconvolgere lo spettatore.
Il fatto che nonostante alcune piccole imprecisioni narrate dalla serie, il 90% del prodotto è fedele a ciò che realmente è accaduto e allora alla fine dell’ultimo episodio, resti lì dinnanzi allo schermo a chiederti: come può la mente umana partorire tanta mostruosità?
Monster: The Jeffrey Dahmer Story
Evan Peters,
Andrew Shaver,
Molly Ringwald,
Niecy Nash,
Michael Learned