La seconda serie targata Marvel Studios è giunta al termine: un percorso di sei settimane ed altrettanti episodi, tra volti vecchi e nuovi, che ha saputo offrirci parecchi spunti di riflessione sul presente e sul futuro dell’Universo Cinematografico Marvel
A circa sei mesi dal Blip, dalla conclusione degli eventi narrati in Avengers: Endgame il mondo cerca di ripartire e, con esso, anche alcuni degli eroi che abbiamo conosciuto nelle prime tre fasi dell’MCU. Se l’intento – dichiarato – dei Marvel Studios era quello di dare maggior spazio ai personaggi secondari, approfondendone la caratterizzazione rendendoli protagonisti di serie tv da rilasciare sulla neonata Disney+, è stato altrettanto chiaro che, nello specifico, The Falcon & The Winter Soldier avrebbe certificato il passaggio del testimone (lo Scudo, in questo caso) tra Steve Rogers e Sam Wilson, esplorando il processo di accettazione che avrebbe portato quest’ultimo a raccogliere l’eredità e il ruolo di Capitan America. Che questo processo non sarebbe stato facile, né immediato era chiaro dalla commozione, dalla titubanza, dal rispetto reverenziale che ha avuto Falcon nell’imbracciare lo Scudo di qualcun altro.
Ecco che, allora, la frase pronunciata da Sam durante la cerimonia in onore di Steve presso lo Smithsonian Institution di Washington non solo è di grande impatto emotivo ma dà anche il la alle trame di TF&TWS, assumendone il carattere di definizione, direzione e fine ultimo. “I simboli sono vuoti senza le persone che danno loro un significato” è la riflessione che, unita a motivazioni personali che prescindono dall’eroismo e dall’altruismo già dimostrato in passato, ribadisce quanto Falcon ritenga impossibile scindere il binomio Steve Rogers/Capitan America e, conseguentemente, accettarne lo Scudo, la storia, il retaggio.
Il nuovo ordine mondiale in cui Falcon si ritrova ad operare come soldato della US Air Force ha un equilibrio precario, che oscilla tra una situazione socio-geo-politica stabilitasi all’insegna della reciproca collaborazione tra gli Stati, i governi e i popoli nei cinque anni pre-Blip e un repentino quanto burrascoso ritorno al passato coinciso con lo schiocco che ha riportato in vita miliardi di persone confuse e disorientate. Da una parte, i governi cercano di intervenire istituendo il Comitato di Reintegro Globale (GRC), un organo adibito alla reintroduzione dei blippati nella società, fornendo rifugio ed aiuto; dall’altra, il malcontento e l’insofferenza crescono tra le persone comuni, sfociando in sommosse e scontri con le istituzioni. È in questo contesto che emerge il gruppo terroristico e/o rivoluzionario (dipende, come sempre, dai punti di vista) dei Flag-Smashers guidati dalla giovane Karli Morgenthau che, rispondendo al motto “Un Mondo, un Popolo”, si prodiga per riportare il mondo alla situazione pre-Blip. Se in WandaVision erano stati mostrati gli effetti immediati del Blip su Monica Rambeau, in TF&TWS tali effetti si analizzano su scala globale e come le persone, gli Stati, l’economia, la politica ne abbiano risentito. La comparsa e le azioni degli Spezzabandiera (da inquadrare come i cattivi della serie, se preferite) impongono una riflessione profonda nello spettatore: come hanno reagito le persone? Come si sentono i blippati? Quali sono le conseguenze realistiche che un tale evento potrebbe avere?
Di fronte alla minaccia sempre più pericolosa e radicata dei Flag-Smashers (che ricevono aiuto e riparo dalla gente comune), il governo americano non rimane certo con le mani in mano: l’annuncio di John Walker come nuovo Capitan America – ora braccio inequivocabile del governo stesso – tradisce le volontà di Steve Rogers e costringe i due ex partner dell’eroe a stelle-e-strisce, Falcon e il Soldato d’Inverno, a riunirsi. Mentre Sam era impegnato a salvare l’attività di famiglia insieme a sua sorella Sarah, Bucky, ottenuta la grazia, aveva intrapreso un percorso di redenzione per i crimini commessi come Soldato d’Inverno. Insomma, ora sono tutti in gioco e si combatte su più fronti: Sam e Bucky si scontrano sulla decisione del primo di rinunciare allo scudo; Karli e compagni, alcuni dei quali dotati di forza sovraumana, continuano nella loro crociata; il nuovo Cap, John Walker, e il suo partner Battlestar, Lemar Hoskins, tentano di fermarli per conto del governo. La serie si muove su binari che attraversano la spy-story e il thriller politico, ricreando le atmosfere di quel capolavoro che fu Capitan America: The Winter Soldier, secondo lungometraggio dedicato alla Sentinella della Libertà: le indagini sono di ampio respiro e, come nei migliori blockbuster del genere, vedono i personaggi inseguirsi tra gli Stati Uniti e l’Europa nord-orientale, arrivando, grazie al fondamentale aiuto di Zemo, fino a Madripoor (covo di criminali che rispondono a Power Broker), dove ritrovano una Sharon Carter profondamente cambiata.
Nei sei episodi non mancano, ovviamente, momenti più intimi dedicati ai singoli: dalla liberazione mentale di Bucky e la definitiva separazione dal Soldato d’Inverno avvenuta negli anni in Wakanda, alla fondamentale e commovente storyline di Isaiah Bradley (interpretato magnificamente da Carl Lumbly), super soldato nero scontratosi con Bucky durante la Guerra di Corea. Dimenticato dalla Storia e dal governo, vittima di atroci esperimenti e torture, è indubbiamente il personaggio necessario, colui che riesce a smuovere l’animo di Sam, con il quale può condividere dubbi e riflessioni su cosa significhi lottare per la causa giusta ma essere giudicati per il colore della pelle. Essere un eroe di guerra e venire dimenticato oppure essere un Avenger conosciuto da tutti come Black Falcon, come se una sottolineatura cromatica potesse definirne in qualche misura l’eroismo, è un confronto generazionale che trova riscontro nella realtà e sottolinea ancora una volta quanto siamo lontani dall’essere davvero tutti uguali. Ma se c’è qualcuno che può abbattere questi confini, limare le disuguaglianze, essere il simbolo di tutti, allora quello è l’uomo su cui Steve Rogers ha riposto tutta la sua fiducia. Quello è Capitan America.
The Falcon & The Winter Soldier mostra quanto il mondo post-Blip (ma, come avrete capito, anche quello reale) sia complesso e sfaccettato, quanto sia difficile scindere il bene dal male, capire cosa sia giusto o sbagliato. È un mondo in cui tutti possono essere eroi della propria storia ma i cattivi di quella di un altro; un mondo in cui una lotta nobile e condivisibile può trasformarsi in una guerra sanguinosa e come un simbolo di giustizia e libertà, nelle mani sbagliate, possa macchiarsi di sangue. E se questo mondo ha bisogno di essere ricostruito, allora c’è bisogno della fiducia e della collaborazione reciproca, tra le persone e le istituzioni, tra il popolo e chi governa, affinché scompaia quella divisione tra oppresso ed oppressore. Affinché, soprattutto, non si viva ogni giorno con la paura che il potere equivalente a quello di un titano folle possa toglierci tutto. Come forse mai prima d’ora, i Marvel Studios realizzano un’opera politicamente impegnata e di stretta, delicata, attualità: in un anno in cui sono state minate le certezze dell’uomo, ci spingono a credere ancora negli Eroi, ad avere fiducia in un domani migliore; nell’anno in cui la cronaca ha fatto riecheggiare il grido del Black Lives Matter, il nuovo Cap è un uomo di colore, ben consapevole del fatto che non tutti si sentano da lui rappresentati ma altrettanto determinato ad essere l’eroe giusto. La serie scritta da Malcom Spellman, con la regia di Kari Skogland, è un buonissimo prodotto su Capitan America, da intendere come simbolo ed ideale, ruolo ed esempio: parlare di Cap implica, di riflesso, parlare dell’America e, più in generale, della libertà, della democrazia, dell’uguaglianza. Valori che devono continuare ad essere rappresentati e difesi da quell’uomo che più di tutti li incarna: Sam Wilson.
Se le scene di combattimento, soprattutto quelle di volo, sono il fiore all’occhiello della serie, TF&TWS non riesce a redimere i Marvel Studios dal peccato dei villain non troppo approfonditi: i Flag-Smashers ingaggiano una lotta condivisibile nelle ragioni (gli aiuti dei governi, nei fatti, scarseggiano; gli ospiti dei rifugi vivono in condizioni disumane) ma non nelle modalità – è lo stesso Sam a dirlo -; l’uso del siero del super soldato nella sua nuova formula non la nobilita e la radicalizzazione violenta del movimento avrebbe avuto bisogno di qualche approfondimento in più. Zemo, di cui vengono mostrate le enormi ricchezze, porta avanti il suo piano per eliminare i super soldati ma, nel complesso, non può essere considerato un vero e proprio antagonista. Il personaggio che più di tutti mette in difficoltà i protagonisti, a conti fatti, è il John Walker di Wyatt Russell (probabilmente la miglior performance attoriale dell’intero cast): il pluridecorato soldato scelto dal governo per essere il nuovo Capitan America ha una personalità complessa, disturbata dal rimorso per le azioni compiute in guerra. Walker cerca di redimersi, di fare pace con la propria coscienza accettando un ruolo che, ben presto, inizia a pesare; la perdita di Lemar e il senso di impotenza ed inadeguatezza, con l’assunzione del siero (che accentua pregi e difetti), lo portano ad un tracollo vertiginoso. Anche lui, però, coerentemente con quanto evidenziato in precedenza, non può essere etichettato in maniera categorica come “cattivo”: è un ottimo soldato ma un uomo fragile, che sbaglia afflitto dal dolore ma, alla fine, decide di salvare delle persone piuttosto che inseguire la propria vendetta. È, però, anche grazie a lui che la serie assume dei toni crudi e maturi, talvolta distanti da quelli ai quali siamo abituati nella maggior parte dei prodotti MCU.
Cosa dobbiamo attenderci, allora? Così come successo in WandaVision, possiamo desumere che le serie Marvel Studios puntino ad avere la stessa qualità dei film, proponendo sperimentazioni nella sceneggiatura e nella regia, allargando il bacino d’utenza ed introducendo nuovi personaggi (Joaquin Torres, che nei fumetti è il successore di Sam come Falcon, o lo stesso Walker) pur mantenendo viva la forte continuità interna e rafforzando l’universo condiviso – il cameo iniziale di Rhodey, Ayo e le Dora Milaje ne sono testimonianza. La scena post-credit con Sharon Carter lascia presagire inaspettati sviluppi futuri (Secret Invasion?), così come l’ingresso in scena della Contessa de Fontaine e il nuovo ruolo di Walker come U.S. Agent: che sia in arrivo una versione dei Thunderbolts?
Per quanto riguarda i big buddies, è lecito pensare che ritroveremo Bucky al fianco di Sam nel prossimo film dedicato a Cap: liberatosi del fardello del Soldato d’Inverno, è ora libero di essere chi vuole. Alla fine dei sei episodi, Sam Wilson diventa quello che tutti ci aspettavamo diventasse: vedere come e perché, è stato un percorso forse non perfetto, ma un percorso giusto.